BIOGRAFIA di Arcangioli Giuseppe (ArPino)
Nacque a Livorno il 3 febbraio 1914, figlio di Adolfo (ragioniere) e di Eugenia Fattori (maestra elementare), nipote del grande maestro dei “macchiaioli” Giovanni Fattori, da cui probabilmente ha ereditato il suo grande talento per il disegno. La famiglia, numerosa, trovandosi in ristrettezze economiche dovette trasferirsi a Milano in cerca di lavoro, mentre egli era appena adolescente.
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IL CISTERNONE
DI LIVORNO (1925) |
I primi tempi a Milano furono molto difficili, senza fissa dimora con pochi soldi, ma ancora bambino cercava di arrangiarsi sfruttando il suo formidabile talento per fare disegni (aveva l’abilità di fare schizzi, ritratti, caricature e paesaggi anche copiati da cartoline in pochi minuti e su qualsiasi tipo di carta) che vendeva agli avventori di una osteria di via S. Clemente, la cui proprietaria (signora Elvira) lo aveva temporaneamente ospitato. Quando il padre riuscì a trovare finalmente un lavoro, lo sistemò da esterno in collegio, all’ Istituto Militarizzato San Celso, caratterizzato da una disciplina ferrea come fa capire il nome. Successivamente studiò all’Istituto Tecnico “Pietro Verri” per prendere il diploma di ragioniere. Pur avendo avuto un’occasione importante di andare in America a lavorare per la “Walt Disney”, preferì restare a Milano ad aiutare i genitori impiegandosi in una industria metalmeccanica ,la “Columbus” (famosa per i tubi delle biciclette di grandi campioni da Coppi a Merckx), impresa di cui inventò il logo – vedere in Opere grafiche – e nella quale finì poi per lavorare fino alla pensione.
Negli anni del fascismo, in
un’Italia autarchica e culturalmente arretrata, si dedica poco alla pittura, le
uniche opere significative sono gli studi sulla Milano di una volta, disegni e
paesaggi figurativi, a pastello e a china punta secca. Durante la 2° guerra
mondiale, alla morte dei genitori, a breve distanza uno dall’altro, si sposò a
28 anni con Renata Albonico (nella foto al suo fianco), mentre a Lambrate alla Columbus si doveva produrre
tubi sotto l’occupazione dei tedeschi che avevano requisito e militarizzato le
principali industrie metalmeccaniche. Di idee socialiste, deve lavorare in
questo fronte interno, con un occhio alle azioni dei partigiani e alla
possibilità di boicottaggi e scioperi. La moglie è “sfollata” a Magognino sul
Lago Maggiore con i suoi genitori e con la
figlia piccola Raffaella ( vedere Stanza 14: “I paesaggi della Guerra”).
Finita la guerra, inizia un
lungo periodo ricco di stimoli e di esperienze; pur continuando a lavorare come
dirigente degli acquisti alla “Columbus” per mantenere la famiglia, e malgrado
non possa dedicare che i momenti liberi alla sua passione artistica dipinge,
dimostrando grande fertilità e versatilità realizzativa, e partecipa attivamente
ad importanti rassegne d'arte nazionali ed internazionali (vedere “Esposizioni”).
A 40 anni è a Parigi al Grand Palais delle Esposizioni col Gruppo degli Artisti
Indipendenti (cui aderì dal 1945), espone 2 quadri (vedere
Stanza 6) nei quali vuol descrivere
la realtà del lavoro e industriale di Milano-Lambrate. Ma come sempre non vuol
vendere i suoi quadri, non vuol mettersi sul mercato.
In questo periodo, la sua pittura passa dal figurativo dei paesaggi o dei
ritratti, dei nudi a carboncino e dalla ricostruzione attraverso studi
approfonditi della Vecchia Milano, dal pastello, dagli acquarelli e dai disegni
a china-punta secca alla composizione di numerosi dipinti ad olio, ai temi della
città industriale, alle gru, ai
paesaggi montani degli anni sessanta. Dai verdi
che evocano le pianure e le colline, i pioppi e i prati di Stresa e del Trentino
agli azzurri e blu più intensi delle profondità marine, delle luminosità delle
Lagune Chiozzotte o di Boccadasse.
Dal
1945, sin dalla sua fondazione, al 1963 fu iscritto alla Federazione degli
Artisti Indipendenti Italiani ( affiliata e ispirata alla “Société des artistes
indépendants” di Parigi fondata nel 1884 da Paul Signac), che aveva varie
sezioni anche a Mantova, Roma , Napoli, Johannesburg: la sede principale di
Milano si chiamava “Società artistica degli indipendenti”, e aveva come
principio “l'indipendenza assoluta dell’artista e quindi della sua opera”
(secondo la dichiarazione di Natalia Mola, una dei fondatori insieme ad Anselmo
Bucci (del gruppo Mantovano), Aldo Carpi, Arosio Antonio. Nel 1949 fu eletto
segretario-cassiere, successivamente ebbe l’incarico di inventare il logo degli
Indipendenti di Milano e di Roma e divenne anche il redattore-capo del
“Notiziario” (vedere Opere Grafiche),
diffuso tra artisti, letterati, editori ed espositori.
La “Società artistica degli Indipendenti” allestì importanti mostre collettive
al Castello Sforzesco, al Palazzo Reale, all'Arengario, istituì il premio di
pittura “la Tavolozza d’oro”, cui egli partecipò in due occasioni vincendo anche
importanti attestati, organizzava serate culturali presiedute da Carlo
Veneziani, Anselmo Bucci, Spartaco Balestrieri, Dino Bonari, Aldo Carpi, Beonio
Brocchieri, Cerise, Polesello, con la partecipazione di importanti pittori
tedeschi (Thèo Kerg,), francesi, spagnoli. Personalmente ebbe continui contatti
con Anselmo Bucci , segretario e fondatore della Famiglia Artisti Indipendenti
Mantovani (F.A.I.M.), con Gino Morselli ed Enrico Baldassarri. E da allora
rimase amico di Giuliano Nucci, di Antonio Arosio e di Alfredo Gressani. Nel
1965 aderì anche al Circolo “Libero Dialogo”, di pittura, poesia e arte, diretto
da Andrea Bisicchia e Flavio Edmondo Mansuino con pubblicazioni importanti come
“Albumarte” e “il Dialogo”.
Dal 1950 creò lo Studio Grafico di pubblicità Arpino nella sua casa di Corso Lodi 113, dove viveva dal 1943 dopo il matrimonio, e produsse per parecchi anni fino al 1963, loghi e marchi industriali, copertine per canzoni del festival di Sanremo e del festival della canzone Napoletana per la Casa Editrice e Organizzazione Musicale “Nazionalmusic” di Milano (in galleria del Corso). Dal 1965 riuscì finalmente ad avere uno studio di pittura, che divenne per il resto della sua vita il luogo della sua creazione artistica, fuori della sua abitazione ma sempre a Milano in Via Frà Bartolomeo,14 (dove sinora sono collocati la maggioranza dei suoi quadri e l’archivio delle sue opere).
Fino al 1980, ha partecipato
su invito con sue opere a manifestazioni artistiche prestigiose, ottenendo
notevoli riconoscimenti e premi : il 7.10.1955 vince la gara di
disegno china su carta (10x20) sul tema “figura” tra i pittori del Gruppo
Artisti Indipendenti, alla IX Mostra della Arti Figurative menzione onorevole
per le sue opere esposte alla Casa del Mantegna di Mantova, IV Tavolozza d’oro
8.4. 1961 (premio) di Via Bagutta,
V Tavolozza d’oro 15.9.1963 (segnalato) a Milano; al 1° Concorso di Pittura
Estemporanea del Paesaggio Magentino e dei Luoghi della Battaglia viene
segnalata la sua opera: “La Pietrasanta” il 23.5.1965, poi esposta per invito
alla Mostra di pittura presso la “Casa Giacobbe” di
Magenta dal 4 al 17 giugno
dello stesso.
Nel frattempo la sua arte sperimenta e si arricchisce di nuovi stili, allontanandosi dal figurativo delle origini per approdare ad esperienze diverse ( neomacchiaiole, puntiniste, cubiste ed astratte) per lo più privilegiando come tema il paesaggio anche nei suoi aspetti meno consueti come nella serie dei “Notturni stilizzati” o dei “Frati”, eppure ritornando di tanto in tanto con la scoperta del pennarello alla realtà industriale ed urbana o anche al figurativo dei luoghi di evasione e di vacanza degli ultimi anni. Dalla fine degli anni sessanta agli anni ottanta e oltre, troviamo infatti le serie caricaturali-ironiche e simboliche delle “donne” (stanza 3 ), le scomposizioni cubiste di luce e di colori (stanza 10), le nature morte e le composizioni astratte (stanza 12).
Infine negli anni novanta, ormai pensionato, dopo un grave incidente stradale smette di dipingere non potendo usare più la sua automobile per spostarsi e andare allo studio. Ci va di tanto in tanto col “tassì” – come diceva lui – più che altro per revisionare, ripulire-sistemare restaurare i quadri ad olio, oppure riprodurre i disegni: aveva la mania della riproduzione e duplicazione “originale-numerata” dei suoi “quadretti” (come la Milano di una volta, oppure i paesaggi a china o a pennarello) e pensò perfino di riprodurre su “t-shirt”, secondo la moda, la serie delle sue fantasie astratte a pennarello (19 quadri), come “Luna Park”, “L’odalisca”, “Lo specchio”. Ma l’immobilità alla fine glielo impedì e allo studio andò sempre più di rado. E’ morto a 92 anni a Milano il 12.6.2006. Anche negli ultimi anni si ostinò a non voler vendere i suoi quadri (che semmai regalava alle persone amiche…ai figli li aveva solo prestati!). Perché? Perché la pittura era la passione della sua vita e i quadri erano come i suoi figli. E “la passione e i figli non si vendono” – ripeteva. (a cura di Mario Arcangioli)